LED Taxand riassume qui di seguito le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al secondo trimestre dell’anno 2022.

Prassi – Risposta ad istanza di interpello n. 180 del 7 aprile 2022. n. 41-ter), Tabella A, Parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972 – n. 127-septies, Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972. Aliquota Iva applicabile ad un appalto per il rifacimento di una piazza.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta di interpello 180, ha fornito chiarimenti in merito al riconoscimento del beneficio fiscale dell’aliquota Iva del 4% per la realizzazione di opere consistenti nell’eliminazione del dislivello esistente tra la piazza centrale di un comune ed il piano stradale, al fine di eliminare qualsiasi barriera architettonica per i portatori di handicap.

L’Istante chiedeva conferma circa l’applicabilità dell’IVA nella misura agevolata del 4% prevista dal n. 41-ter, Tabella A, Parte II, allegata al d.P.R. 633/1972 per “le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad aggetto la realizzazione di opere direttamente finalizzate al superamento o all’eliminazione delle barriere architettoniche”.

L’Agenzia delle Entrate ha ribadito che la disposizione citata ha carattere oggettivo: rientrano cioè nell’ambito applicativo della stessa le opere che abbiano le caratteristiche tecniche previste dalla normativa di settore in materia di barriere architettoniche e che siano realizzate sulla base di un contratto di appalto, a nulla rilevando la connotazione o le condizioni sanitarie del committente (lo stesso chiarimento era stato fornito con la risposta ad interpello n. 3 del 2020).

La risposta in commento chiarisce, quindi, che per fruire dell’aliquota agevolata occorre che il contratto di appalto relativo alla realizzazione delle opere e/o la relativa documentazione amministrativa qualifichi in modo preciso la tipologia delle opere, facendo espresso riferimento alla normativa di settore in materia di barriere architettoniche e specificando che l’intervento sia stato realizzato in coerenza delle prescrizioni dettate dalla medesima normativa al fine di eliminare barriere architettoniche.

Nel caso oggetto della risposta, né il contratto di appalto né le autorizzazioni amministrative rilasciate per la realizzazione delle opere recavano tale riferimento, facendo tale documentazione genericamente riferimento alla realizzazione di un intervento di manutenzione straordinaria. Mancando dunque un espresso riferimento alla normativa di settore e alla finalità delle opere da realizzare, l’applicazione l’aliquota IVA del 4% prevista dal n. 41-ter citato deve essere negata.

Ove, invece, il contratto d’appalto avesse avuto ad oggetto la realizzazione di opere direttamente finalizzate al superamento o all’eliminazione di barriere architettoniche e altre opere, l’aliquota del 4% poteva trovare applicazione solo sulla parte del corrispettivo che è dovuto per la realizzazione degli interventi di abbattimento delle barriere, dovendo in tal caso il contratto (o almeno la fattura) indicare distintamente il corrispettivo per ciascuna opera.

Prassi – Risposta ad interpello n. 212 del 24 aprile 2022. IVA – Trattamento, agli effetti dell’IVA, delle somme versate in attuazione di accordi transattivi.

Con la risposta in commento l’Agenzia delle Entrate si è espressa nuovamente in merito alla rilevanza ai fini IVA dei pagamenti di somme di denaro effettuate in occasione di accordi transattivi.

Posto che, perché sia configurabile un’operazione imponibile ai fini IVA, occorre che sia individuato uno scambio di prestazioni reciproche tra le parti, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che le somme versate da una parte in virtù di un accordo transattivo come controvalore dell’impegno assunto dall’altra parte di rinunciare a proseguire il contenzioso instaurato sono da considerarsi come corrispettivo di una prestazione di servizi da assoggettare ad IVA.

Nello specifico, la prestazione resa consiste qui nell’assunzione di un obbligo di non fare (ovvero, di non proseguire con il contenzioso e rinunciare quindi alle liti) – rilevante ai fini IVA ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.P.R. 633/1972 come già ribadito più volte nel recente passato.

Prassi – Risposta ad istanza di interpello n. 230 del 28 aprile 2022. Rivalutazione dei beni d’impresa – Limite economico alla rivalutazione dei beni con valore fiscale superiore al valore contabile – Articolo 110 del decreto legge del 14 agosto 2020, n. 104.

Con la risposta ad istanza di interpello 230, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alla quantificazione della base imponibile dell’imposta sostitutiva del 3% sulla rivalutazione di beni d’impresa effettuata ai sensi dell’art. 110, D.L. 104/2020 in presenza di un disallineamento tra il valore civile ed il valore fiscale dei beni.

Il disallineamento tra i due valori derivava dal fatto che i beni erano stati oggetto di precedente rivalutazione ai sensi dell’art. 1, comma 470, L. 266/2005. Tale disposizione prevedeva che il maggior valore attribuito ai beni rivalutati avesse effetto a partire dal terzo anno successivo a quello in cui la rivalutazione era stata eseguita. I maggiori ammortamenti non dedotti nei primi tre anni sarebbero, dunque, deducibili al termine del processo di ammortamento civilistico.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce anzitutto che la circostanza che il valore fiscale dei beni sia superiore a quello contabile non impedisce al contribuente di effettuare la rivalutazione dei beni ai sensi del citato art. 110.

Quanto al pagamento dell’imposta sostitutiva da versare per dare rilevanza fiscale a tale rivalutazione, l’Agenza delle Entrate ritiene ammissibile – nel caso affrontato – che l’imposta sia commisurata alla rivalutazione ridotta del disallineamento, considerando la parte eccedente quale rivalutazione solo civilistica.

Prassi – Risposta ad interpello n. 347 del 27 giugno 2022. Trattamento fiscale ai fini delle imposte indirette del trasferimento di un immobile a titolo gratuito dalla sfera giuridica della mandataria a quella del mandante.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 347, ha fornito chiarimenti discutibili in tema di imposte indirette applicabili al trasferimento di un immobile a titolo gratuito, nell’ambito dell’istituto del mandato senza rappresentanza.

Il caso affrontato dalla risposta riguarda il conferimento di un mandato gratuito senza rappresentanza per l’acquisto da parte del mandatario (in nome proprio e per conto del mandante) del diritto di piena proprietà di un immobile – con trasferimento da parte del mandante dei mezzi necessari per l’esecuzione del mandato (ovvero, di un importo pari al prezzo dell’immobile e al costo delle relative imposte e spese) e con impegno del mandatario al successivo trasferimento a titolo dello stesso immobile in favore del mandante, a sua semplice richiesta.

L’Agenzia delle Entrate ritiene che il ri-trasferimento dell’immobile a titolo gratuito da parte del mandatario al mandante sia da assoggettare all’imposta sulle donazioni (con applicazione dell’aliquota dell’8%).

Tale atto produce, infatti, l’effetto di trasferire l’immobile a titolo gratuito al mandante e ciò assume rilevanza ai fini dell’art. 1, D.L. 346/1990, secondo cui “l’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi”, a prescindere dalla circostanza che tra il cedente e il cessionario sussista un rapporto di mandato senza rappresentanza.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce, infine, che in relazione all’atto in questione trovano anche applicazione l’imposta ipotecaria e catastale nella misura proporzionale rispettivamente del 2% e 1%, ai sensi dell’art. 1 della tariffa allegata al D. Lgs. 347/1990 e dell’art. 1 del medesimo decreto legislativo.

Prassi – Risoluzione n. 1 del 3 gennaio 2022. Trattamento IVA – Contratti relativi a strumenti finanziari derivati su commodities – Differenziali legati alla variazione del prezzo dell’energia elettrica.

Oggetto della Risoluzione in commento è il trattamento IVA da applicare al differenziale di prezzo dovuto sulla base della sottoscrizione di un contratto di “PPA” di energia elettrica (Power Purchase Agreement), con il quale le parti si impegnano reciprocamente a corrispondere, l’una nei confronti dell’altra, la differenza di prezzo determinata tra il prezzo di mercato dell’energia e il prezzo fisso stabilito, a copertura del rischio di oscillazione del prezzo dell’energia.

Nello specifico, con il contratto una parte si impegnava a corrispondere all’altra il differenziale di prezzo determinato dalla:

– differenza positiva tra il PUN (valore orario del Prezzo Unico Nazionale) di riferimento ed il prezzo fisso che il fornitore dell’energia pagherà al committente;

– differenza negativa tra il PUN di riferimento ed il prezzo fisso che il committente pagherà al fornitore.

Anzitutto, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i contratti di finanza derivata – come quello in esame – trovano la propria disciplina IVA nell’art. 10, n. 4), d.P.R. 633/1972 con la conseguenza che rientrano ora nell’ambito delle operazioni esenti da IVA.

A parere dell’Agenzia delle Entrate, infatti, il differenziale monetario deve considerarsi alla stregua di un corrispettivo e non, invece, come precedentemente affermato dalla stessa amministrazione (con la risoluzione ministeriale n. 77 del 1998, ora superata), come l’oggetto della prestazione, inteso come dazione delle somme che le parti s’impegnano a scambiarsi alla scadenza convenuta in esito al risultato finale del rapporto e quindi irrilevante dal punto di vista IVA.

Occorre ora valutare gli effetti di tale nuova posizione dell’amministrazione nell’ambito dei pagamenti conseguenti ai differenziali diversi da quello specificatamente trattato dalla risoluzione in esame.

Tale nuovo orientamento è stato molto criticato dalla dottrina e potrebbe avere, se seguito dai contribuenti, effetti in termini di recuperabilità dell’IVA per effetto del meccanismo del pro-rata.

Occorre ora valutare gli effetti di tale nuova posizione dell’amministrazione nell’ambito dei pagamenti conseguenti ai differenziali diversi da quello specificatamente trattato dalla risoluzione in esame.

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