LED Taxand riassume qui di seguito le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al terzo trimestre dell’anno 2022.

Prassi – Risposta di interpello n. 365 del 6 luglio 2022. Trasferimento di immobili catastalmente individuati come terreni – Trattamento fiscale ai fini Iva.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che un complesso immobiliare composto da immobili i cui lavori sono stati interrotti diverso tempo prima (nella specie, dieci anni), accatastati ancora come terreni si considera terreno edificabile e la relativa cessione deve essere, pertanto, assoggettata ad IVA.

Il caso oggetto della risposta riguarda la cessione di un complesso comprensivo di unità residenziali, un’unità commerciale e autorimesse i cui lavori di costruzione sono stati interrotti in corso d’opera ed i relativi titoli edilizi sono decaduti. L’istante chiede quindi se la relativa cessione debba essere assoggettata ad IVA in base ai chiarimenti resi dalla circolare 1° marzo 2007, n. 12/E, in materia di fabbricati non ultimati, oppure se sia applicabile un trattamento diverso, considerando che trattasi di immobili ancora iscritti al Catasto terreni.

In occasione della circolare n. 12/E del 2017, l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo sia esclusa dall’ambito applicativo dei nn. 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del DPR n. 633 del 1972, trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA. Si rammenta che per momento di ultimazione di un fabbricato si intende il momento in cui l’immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo.

Nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria ha escluso la riconducibilità del complesso immobiliare tra i fabbricati.

A parere dell’Agenzia delle Entrate, infatti, tenuto conto dello stato di interruzione dei lavori e dell’assenza di una classificazione catastale, riferibile anche alla categoria transitoria F/3, idonea ad attribuire agli stessi la natura di fabbricato, gli immobili non siano riconducibili alla fattispecie dei “fabbricati non ultimati”.

Più correttamente, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’oggetto della cessione deve essere considerato – nel caso di specie – un terreno edificabile, con applicazione quindi dell’IVA e delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Prassi – Risposta di interpello n. 366 del 6 luglio 2022. Applicazione dell’imposta di donazione alla liberalità diretta di denaro con atto pubblico.

L’Agenzia delle entrate si è espressa in merito all’applicazione dell’imposta di donazione in caso di donazione di una somma di denaro ad un soggetto terzo al fine di consentire a quest’ultimo di acquistare un’abitazione.

A parere dell’istante, la donazione diretta avrebbe potuto beneficiare dell’esenzione da imposta prevista dall’art. 1 comma 4-bis del D.lgs. del 31 ottobre 1990 n.346 secondo cui “l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.

L’Agenzia delle Entrate, al contrario, ha affermato che la citata esenzione opera esclusivamente nelle ipotesi di donazioni o altre liberalità che configurino una liberalità indiretta.

In proposito, è utile ricordare che la donazione (o donazione diretta) è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra. Il codice civile prescrive per la donazione la forma dell’atto pubblico a pena di nullità. Sono invece donazioni indirette (o liberalità indirette) quei negozi che realizzano lo stesso effetto della donazione (ovvero, l’impoverimento del donante e l’arricchimento del beneficiario per spirito di liberalità del donante) ma che sono effettuate tramite un atto diverso dalla donazione.

Quanto all’esenzione da imposta di cui al citato art. 1, comma 4-bis, sebbene tale norma non distingua tra donazioni dirette e indirette, l’Agenzia delle Entrate ha escluso – con la risposta in esame – che essa possa trovare applicazione nel caso in cui la donazione sia fatta per atto pubblico e si qualifichi come donazione diretta.

A supporto della propria tesi, l’Agenzia delle Entrate richiama la recente circolare 14 ottobre 2021, n. 12/E, con cui è stato chiarito che l’esenzione in parola è applicabile solo in presenza del nesso tra la donazione del denaro e l’acquisto dell’immobile. In caso di totale assenza o mancanza di prova di tale nesso, non può dirsi integrata la fattispecie della donazione indiretta. Quest’ultima può essere considerata come collegata a un atto di trasferimento immobiliare solo qualora l’atto di liberalità venga espressamente enunciato nell’atto stesso.

Prassi – Risposta ad istanza di interpello n. 403 del 2 agosto 2022. All’atto di risoluzione per mutuo consenso del preliminare con restituzione della caparra confirmatoria versata si applica l’art. 28, comma 2, del d.P.R. n. 131/1986 con applicazione dell’imposta di registro proporzionale per le prestazioni derivanti dalla risoluzione (restituzione caparra)

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta di interpello 403, ha fornito chiarimenti in merito al trattamento da applicare alla restituzione della caparra confirmatoria in occasione della risoluzione per mutuo consenso del contratto preliminare di compravendita immobiliare in relazione al quale la caparra era stata versata.

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, gli eredi della promissaria acquirente di un immobile chiedevano la risoluzione del contratto preliminare di compravendita, non essendo loro interessati a procedere con l’acquisto dell’immobile. La promittente venditrice si rendeva disponibile, quindi, a restituire l’importo ricevuto a titolo di caparra confirmatoria.

Quanto al trattamento tributario applicabile alla restituzione della caparra, l’Agenzia delle Entrate riconduce la fattispecie oggetto di esame nell’ambito della risoluzione per mutuo consenso, cui si rende applicabile l’art. 28, comma 2, del DPR 131/1986 – ovvero, applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale sulle prestazioni derivanti dalla risoluzione.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce innanzitutto che bisogna distinguere tra le seguenti fattispecie:

  • presenza nel contratto originario di una clausola risolutiva espressa – in tal caso, è applicabile l’imposta di registro proporzionale solo se è previsto un corrispettivo per la risoluzione; in caso contrario, troverà applicazione l’imposta di registro in misura fissa;
  • autonoma volontà delle parti di risolvere consensualmente il contratto originario, senza che vi sia una clausola risolutiva espressa nel contratto – in tal caso è applicabile l’imposta di registro in misura proporzionale da applicarsi sia sulle prestazioni derivanti dalla risoluzione che sull’eventuale corrispettivo della risoluzione.

Nel caso in esame, mancando una clausola risolutiva espressa e derivando la risoluzione da un nuovo ed autonomo contratto (il “mutuo consenso”), di natura solutoria e liberatoria avente contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario, la restituzione dell’importo pagato a titolo di caparra confirmatoria dovrà essere assoggettato ad imposizione in misura proporzionale.

Giurisprudenza – Sentenza del 13 luglio 2022, n. 22171

Con la sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla deducibilità delle quote di ammortamento di beni materiali nell’ambito di affitto d’azienda.

Anzitutto, in caso di affitto di azienda l’art. 2561, comma 2, del codice civile prevede, a carico dell’affittuario di azienda, l’obbligo di conservazione del livello di efficienza dei beni aziendali. Quanto al trattamento fiscale dei beni ammortizzabili dei beni compresi nell’azienda data in affitto, l’ammortamento dei beni compete al soggetto che ha l’obbligo di conservare in efficienza l’azienda, quindi – in principio – all’affittuario e non al concedente.

L’art. 102, comma 8, del DPR 917/1986 stabilisce, tuttavia, che il diritto di dedurre gli ammortamenti rimane in capo al concedente ove le parti abbiano derogato alla disciplina di cui all’art. 2561 co. 2 del Codice Civile, ovvero il conduttore non si assume l’obbligo di conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte, il diritto di deduzione degli ammortamenti non viene traslato sul reddito del conduttore.

Nel caso oggetto della sentenza in commento, l’Agenzia delle Entrate aveva negato la deducibilità degli ammortamenti da parte del concedente – pur in presenza di una clausola di deroga alla disciplina civilistica sopra richiamata – sulla base di una asserita comune intenzione delle parti diversa da quella indicata nella clausola in cui le parti avevano espressamente indicato la deroga pattizia al citato art. 2561.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ribadisce che in presenza di una deroga espressa e chiara alle disposizioni civilistiche, il diritto a dedurre gli ammortamenti relativi all’azienda data in affitto deve essere riconosciuto in capo al concedente e non all’affittuario.

Proposta di direttiva UE: DEBRA

Con la proposta di Direttiva denominata Debt-Equity Bias Reduction Allowance – DEBRA, del 11 maggio 2022, la Commissione Europea, al fine di incentivare il ricorso al capitale di rischio in luogo del capitale di debito, per i contribuenti soggetti all’imposta sui redditi delle società in uno o più Stati membri dell’Unione Europea, ha previsto le seguenti misure:

  • una deduzione commisurata agli incrementi di capitale, da calcolarsi sulla differenza tra il patrimonio netto alla fine dell’esercizio fiscale in corso e il patrimonio netto alla fine dell’esercizio precedente, moltiplicato per un tasso di interesse nozionale, nel limite massimo del 30% dell’Ebitda. L’eventuale eccedenza rispetto al 30% dell’Ebitda e/o l’eventuale eccedenza rispetto al reddito imponibile, potrà essere riportata in avanti. Per tasso di interesse nozionale si intende il tasso di interesse privo di rischio a 10 anni per la valuta in questione, aumentato di un premio per il rischio dell’1% o, nel caso delle piccole e medie imprese, di un premio per il rischio dell’1,5%. Sono inoltre previste misure antielusive;
  • parziale limitazione alla deducibilità degli interessi passivi nella misura dell’85% degli interessi passivi eccedenti gli interessi attivi.

Gli Stati membri, una volta emanata la Direttiva, dovranno recepirla entro il 31 dicembre 2023, con entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2024.

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