La fattura emessa a fronte di operazioni inesistenti e presentata in banca per ottenere un finanziamento comporta il versamento dell’Iva da parte dell’emittente, tranne se costui riesca a dimostrare che non vi è stato alcun danno per l’Erario.

La fattura concernente operazioni inesistenti e “scontata” in banca al fine di ottenere un’anticipazione sul credito rappresentato dal documento contabile, deve ritenersi messa in circolazione, essendosi verificato lo spossessamento in favore dell’ente creditizio (che può incassare il credito in nome e per conto dell’emittente, ma anche nel proprio interesse). Tale fattura è, dunque, emessa ai sensi dell’art. 21, comma 1, d.p.r. 633 del 1972, indipendentemente dalla formale consegna o spedizione alla controparte e l’emittente, la cui buona fede va senz’altro esclusa, è tenuto al versamento dell’IVA relativa ai sensi del settimo comma della citata disposizione, salva la prova dell’eliminazione degli effetti pregiudizievoli per l’Erario derivanti dall’utilizzazione del documento contabile.

In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione con la recente sentenza del 12 ottobre 2021, n. 27637.

La vicenda trae origine dalla notifica di due avvisi di accertamento nei quali veniva contestato a una Società l’omesso versamento dell’IVA con riferimento a tre fatture relative a operazioni inesistenti.

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