LED Taxand riassume qui di seguito le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al primo trimestre dell’anno 2021.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, ordinanza n. 21460 del 6 ottobre 2020. Torri escluse dalla rendita catastale degli impianti eolici alla luce dell’art. 1, co. 21 della Legge n. 208/2015

Con l’ordinanza in epigrafe, i Supremi Giudici hanno statuito che ai fini della determinazione della rendita catastale di un impianto aereogeneratore, occorre verificare se la funzione delle torri sia integrata nell’impianto di produzione in modo tale da assumere (i) la qualifica di componente essenziale o (ii) se tali strutture possano (o meno) avere caratteristiche di autonomia funzionale e fornire utilità indipendenti dal processo produttivo di energia eolica. Pertanto, è possibile che un elemento strutturalmente connesso al suolo o alla costruzione che ne accresce la qualità o l’utilità, debba essere espunto dalla valutazione catastale in virtù della sua specifica funzionalità rispetto al processo produttivo. Tale conclusione è conforme alla ratio sottostante la disciplina introdotta dall’art. 1, co. 21, Legge n. 208/2015. Viene così superato l’indirizzo assunto dall’Amministrazione finanziaria in ordine all’applicazione della c.d. normativa imbullonati al settore eolico.

Giurisprudenza – Corte di Giustizia Europea, cause riunite C-478/2019 e C-479/2019. Conclusioni dell’Avvocato generale Hogan. Compatibilità con il diritto dell’Unione Europea del regime di favore ai fini delle imposte indirette previsto per l’acquisto di immobili strumentali di cui sono parti fondi di investimento immobiliare chiusi italiani

In data 25 febbraio 2021 sono state presentate le conclusioni dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia Europea, Gerard Hogan, in merito alle cause riunite C-478/2019 e C-479/2019 (“UBS Real Estate KmbH”) sul ricorso promosso dalla Suprema Corte di Cassazione italiana circa la compatibilità con il diritto UE della normativa italiana che limita la riduzione dal 4% al 2% delle imposte ipotecaria e catastale alle sole ipotesi di acquisto di immobili strumentali di cui art. 35, co. 10-ter, del D.L. n. 223/2006 posti in essere da/a favore di fondi di investimento immobiliare chiusi italiani disciplinati dall’art. 37 del D.Lgs. n. 58/1998.

Le cause traggono origine dal fatto che le autorità fiscali italiane avevano negato il diritto al rimborso delle imposte ipotecaria e catastale, versate in misura ordinaria, ad una società di gestione del risparmio con sede in Germania, UBS RE, che aveva acquistato immobili commerciali italiani per conto di due fondi immobiliari aperti di diritto tedesco.

Impugnato tale diniego ed a seguito delle sentenze di merito sfavorevoli, la UBS RE presentava ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che anche i fondi di investimento immobiliare esteri, siano essi di tipo chiuso o aperto, dovrebbero essere ammessi al regime di favore, pena la violazione delle libertà fondamentali dell’UE. La Suprema Corte rimetteva, quindi, la questione alla Corte di Giustizia Europea al fine di comprendere se la citata normativa di favore italiana fosse in contrasto con il diritto comunitario, ed in particolare con i principi di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali (sentenza n. 15432/2019).

Secondo l’Avvocato generale, una riduzione dell’aliquota delle imposte ipotecaria e catastale dovute in caso di acquisto di un immobile strumentale può essere limitata ai soli fondi di investimento che abbiano natura “chiusa” se tale limitazione sia giustificata dalla necessità di mitigare un potenziale rischio sistemico nel mercato immobiliare di riferimento (posto che le quote dei fondi di investimento aperti possono essere sottoscritte in ogni momento, ed in ogni momento è possibile ottenerne il rimborso totale o parziale).

L’Avvocato generale si è espresso anche con riferimento alla condizione tale per cui i fondi debbano essere amministrati in Italia o comunque disciplinati dalla legge italiana per godere delle imposte di trasferimento ridotte. A tal proposito, ha affermato che siffatto requisito può dare luogo a una discriminazione diretta fondata sulla nazionalità del fondo e non giustificata da motivi espressamente previsti dai Trattati o da motivi imperativi di interesse generale, violando così la libera circolazione dei capitali, almeno per quanto riguarda i fondi di investimento esteri chiusi.

Ad oggi, quindi, le vie potrebbero essere due: attendere, prudenzialmente, la decisione della Corte di Giustizia oppure ritenere che, sulla base dell’opinione dell’Avvocato generale, ci siano già i presupposti affinché i fondi di investimento immobiliare esteri qualificabili come chiusi che hanno venduto/acquistato beni immobili strumentali siti in Italia, pagando le imposte di trasferimento con aliquota ordinaria del 4%, possano richiedere a rimborso alle autorità fiscali italiane la metà di tali imposte in applicazione della riduzione prevista dalla normativa italiana (in tal senso, la CTR di Milano, sentenza n. 5952 del 2018, aveva già ritenuto che le imposte di trasferimento ridotte potessero essere applicate anche ai fondi di investimento immobiliare esteri di tipo chiuso).

Al contrario, la possibilità di estendere questa opportunità anche ai fondi di investimento immobiliare esteri aperti dovrebbe essere valutata solo alla luce della futura decisione della Corte di Giustizia Europea in materia.

Giurisprudenza – Corte Costituzionale, sentenza n. 39 del 16 marzo 2021. Legittimità costituzionale dell’art. 20 del TUR e della retroattività delle modifiche apportate nel 2017

Con la sentenza n. 39 del 16 marzo 2021, la Corte Costituzionale condivide le argomentazioni della precedente pronuncia (sentenza n. 158 del 2020) in tema di legittimità costituzionale dell’art. 20 del TUR e della disposizione della Legge n. 145/2018 (“Legge di Bilancio 2019”) che ha sancito la retroattività delle modifiche apportate nel 2017, dichiarando infondate e inammissibili le questioni di legittimità costituzionale di entrambe le disposizioni normative.

Nello specifico, la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale (i) in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dell’art. 20 del TUR “nella parte in cui dispone che, nell’applicare l’imposta di registro secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, si debbano prendere in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”; (ii) in subordine, in riferimento agli artt. 3, 81, 97, 101, 102, 108 e 24 Cost., dell’art. 1, co. 1084, della Legge di Bilancio 2019, che qualifica come “interpretazione autentica” l’intervento normativo dell’anno precedente riguardante la disciplina dell’interpretazione degli atti per l’applicazione dell’imposta di registro.

In merito, la Corte ha innanzitutto ribadito che, ai fini del sindacato di legittimità costituzionale, non è determinante stabilire la natura innovativa o interpretativa dell’art. 20 TUR, che si qualifica di interpretazione autentica, ed ha poi affermato che la disposizione, così come modificata, è una norma di sistema – quindi, legittimamente con efficacia retroattiva – che mira a correggere l’interpretazione giurisprudenziale consolidatasi nel tempo alla luce della politica del diritto ritenuta più opportuna dal legislatore, ossia assoggettare all’imposta di registro gli atti sulla base degli effetti giuridici da loro prodotti, prescindendo da atti collegati e da elementi extratestuali.

Prassi – Risposta ad interpello n. 20 dell’8 gennaio 2021. Aliquota IVA applicabile agli interventi di manutenzione straordinaria nelle case di riposo

Con la risposta ad interpello n. 20 dell’8 gennaio 2021, l’Agenzia delle entrate ha chiarito il perimetro di applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10% con riferimento all’effettuazione di lavori di manutenzione straordinaria su di un immobile di proprietà di una fondazione iscritta nel Registro delle Aziende pubbliche di servizi alla persona (APSP), destinato a residenza per anziani. In particolare, l’istante chiedeva di conoscere se fosse applicabile al caso di specie l’aliquota IVA agevolata del 10% prevista ai sensi del n. 127-duodecies della Tabella A, Parte III, del D.P.R. n. 633/1972 per gli interventi di cui all’art. 3, co. 1, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001, agli edifici di edilizia residenziale pubblica. Sul punto, l’Agenzia, ripercorrendo precedenti di prassi, chiarisce inizialmente che l’edificio, per poter rivestire la qualifica di “edilizia residenziale pubblica” ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta, deve necessariamente possedere le seguenti caratteristiche (i) essere un edificio pubblico, nel senso che quest’ultimo deve essere realizzato da enti pubblici fruendo di contributo statale ovvero di finanziamento con fondi pubblici e (ii) rivestire la qualifica di residenzialità, ossia occorre trattarsi di unità immobiliari caratterizzate da stabile residenzialità costituite da edifici destinati a stabili residenze per la collettività (orfanotrofi, ospizi, ecc), fatti costruire direttamente dallo Stato ovvero da enti pubblici ai quali sia demandata la costruzione degli stessi. Nella fattispecie, l’Agenzia ritiene soddisfatti i predetti requisiti in quanto l’edificio assume (i) carattere pubblico poiché realizzato da APSP, ente pubblico non economico avente personalità giuridica di diritto pubblico, in concorso con il Comune e la Provincia nonché (ii) la qualifica residenziale in quanto verrà utilizzato come casa di riposo e di cura lunga degenza. Per cui, potendosi qualificare l’edificio come “edilizia residenziale pubblica”, gli interventi di manutenzione straordinaria sconteranno l’aliquota IVA agevolata del 10%.
Giurisprudenza – Corte Costituzionale, sentenza n. 39 del 16 marzo 2021. Legittimità costituzionale dell’art. 20 del TUR e della retroattività delle modifiche apportate nel 2017.

Prassi – Risposta ad interpello n. 71 del 2 febbraio 2021. Art. 16, co. 1-septies del D.L. n. 63/2013. Ricostruzione con diverso sedime

L’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 71 del 2 febbraio 2021 è nuovamente intervenuta sul tema della detrazione per le case antisismiche, c.d. “sismabonus acquisti”, rivolto agli acquirenti delle nuove unità immobiliari, in ipotesi di ricostruzione con diverso sedime.

Nel caso di specie, la società istante, proprietaria di un edificio residenziale e di una particella fondiaria pertinenziale, in zona a rischio sismico 3, ha ottenuto il rilascio di un Permesso di Costruire per la demolizione dell’edificio esistente e la ricostruzione di una palazzina residenziale costituita da 6 unità immobiliari ad uso abitativo, oltre ai relativi box pertinenziali. La società ha, così, eseguito l’intervento di ricostruzione con un incremento volumetrico sulla base della normativa provinciale, sul medesimo sedime dell’originario edificio, fatta eccezione per una parte dell’interrato che insiste nel sottosuolo della confinante particella fondiaria pertinenziale.

L’Agenzia delle entrate ha affermato che il citato beneficio è fruibile, assumendo che trattasi di un intervento su diverso sedime rientrante nelle ipotesi di “ristrutturazione edilizia” di cui al novellato art. 3, co. 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico dell’edilizia, modificato con D.L. n. 76/2020, cfr. il nostro TAX INSIDER 7/2020), a condizione che lo stesso sia effettuato all’interno dei limiti e nel rispetto di quanto consentito dagli strumenti urbanistici vigenti e che vengano rispettati i requisiti previsti dall’art. 16, co. 1-septies del D.L. n. 63/2013 in materia di interventi relativi all’adozione di misure antisismiche da parte di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare.

Prassi – Risposta ad interpello non pubblicata del 19 febbraio 2021. La SGR può qualificarsi come impresa costruttrice ai fini IVA

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che una SGR per conto di un FIA immobiliare da essa gestito può essere qualificata come impresa costruttrice ai fini IVA, fugando i dubbi sorti a seguito di precedenti interpretazioni dell’amministrazione finanziaria. Di conseguenza, la SGR che si qualifica come impresa costruttrice potrà optare, ad esempio, per l’applicazione dell’IVA in caso di locazioni di immobili abitativi, evitando così limitazioni nella detraibilità dell’IVA sui costi.

Prassi – Risposta ad interpello n. 132 del 2 marzo 2021. Regime fiscale delle società di cartolarizzazione immobiliare di cui all’art. 7.2, Legge n. 130/1999

Con riferimento al regime fiscale applicabile alle società di cartolarizzazione dei proventi immobiliari di cui all’art. 7.2, Legge n. 130/1999, l’Agenzia delle entrate ha chiarito quanto segue:

  • ai fini IRES e IRAP i proventi derivanti dall’attività svolta non sono soggetti ad imposizione ed assume rilevanza esclusivamente l’eventuale risultato di gestione che dovesse residuare in capo al veicolo 7.2. al termine dell’operazione di cartolarizzazione, una volta soddisfatti tutti i creditori del patrimonio separato;
  • per quanto riguarda la tassazione degli interessi ed altri proventi dei titoli emessi nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione, si applica la disciplina di cui al D.Lgs. n. 239/1996. Pertanto, l’investitore estero – istituzionale o non istituzionale – potrà beneficiare dell’esenzione da ritenuta, alle condizioni indicate dall’art. 6 del predetto decreto;
  • ai fini IVA, trova applicazione la disciplina ordinaria.

Prassi – Risposta ad interpello n. 152 del 5 marzo 2021. Regime IVA applicabile al trasferimento del diritto di superficie su area in concessione demaniale

L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello n. 152 del 5 marzo 2021, ha chiarito il regime IVA applicabile alla cessione di un immobile, nel caso di specie un capanno da pesca, che insiste su un’area demaniale.

In particolare, l’Agenzia, dall’analisi della concessione demaniale, ha rilevato dapprima che nel caso di specie al concessionario che intende trasferire i diritti derivanti dalla concessione stessa, viene concesso di occupare l’area demaniale su cui insiste il capanno e di mantenere quest’ultimo sulla predetta area, precisando tuttavia che la titolarità del diritto di proprietà del capanno non è dello Stato. Ne risulta che con riferimento a tale manufatto in realtà al concessionario è attribuito un diritto di superficie ai sensi dell’art. 952 c.c.. Pertanto, la cessione del capanno, che comporta il subentro nella concessione demaniale, deve qualificarsi agli effetti dell’IVA, come un trasferimento di diritto di superficie imponibile ai sensi dell’art. 2, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972, con applicazione dell’aliquota ordinaria.

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