LA FATTISPECIE

L’istante è una società italiana appartenente ad un gruppo internazionale che intende distaccare una sua dipendente presso una consociata tedesca per un periodo di due anni, prorogabile di ulteriori tre.

La prestazione lavorativa sarà svolta esclusivamente a favore della società distaccataria, nonché in maniera prevalente e continuativa presso gli uffici della stessa.

Sarà possibile, tuttavia, per la dipendente prestare la propria attività in modalità «smart working» sia dalla Germania che da altri Paesi.

L’istante chiede se lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità «smart working» dalla propria abitazione in Italia possa compromettere l’applicazione dell’art. 51, c. 8-bis del TUIR – che prevede l’applicabilità delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in relazione all’attività prestata all’estero in via continuativa da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni.

I CHIARIMENTI FORNITI DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’art. 51, c. 8-bis, del TUIR, trova applicazione a condizione che vengano rispettati tutti i requisiti da esso previsti, vale a dire:

Øil lavoratore sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fissa la retribuzione convenzionale;

Øl’attività lavorativa sia svolta all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;

Øl’attività lavorativa svolta all’estero costituisca l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;

Øil lavoratore nell’arco di 12 mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.

In relazione all’ultima condizione, l’Agenzia ribadisce (cfr. risposta ad interpello n. 345/2021) che  il criterio adottato dal legislatore per l’applicazione delle norme interne che disciplinano la tassazione del reddito di lavoro dipendente è quello della presenza fisica del lavoratore nello Stato in cui viene effettuata la prestazione lavorativa.

Considerato che lo svolgimento in Italia dell’attività lavorativa in «smart working» comporta la presenza fisica della lavoratrice in Italia, l’applicabilità del regime di cui al citato art. 51, c. 8-bis, viene negata nell’ipotesi in cui tale modalità non consenta il rispetto del requisito del soggiorno per più di 183 giorni nell’arco di 12 mesi nello stato estero.

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