LED Taxand riassume qui di seguito le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al quarto trimestre dell’anno 2020.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, ordinanza 23 luglio 2020 n. 15753. Applicabilità dell’art. 90 del T.U.I.R. agli immobili locati a terzi da parte di una società operante nel campo immobiliare e avente come oggetto sociale l’acquisto, la vendita e la gestione di immobili.

Con la sentenza in epigrafe la Suprema Corte si è pronunciata sulla legittimità della deducibilità delle quote di ammortamento relative ad un immobile facente parte dell’azienda concessa in affitto ad una società ed a fabbricati a destinazione abitativa per i quali l’Agenzia delle entrate riteneva che, trattandosi di immobili patrimonio, dovessero concorrere alla determinazione del reddito secondo le regole proprie dei redditi fondiari ex art. 90 del T.U.I.R. Invero, la Corte di Cassazione richiamando precedenti pronunce (cfr. Cass. n. 2153/2019; Cass. n. 19815/2019) chiarisce che il discrimine tra beni strumentali da un lato e beni patrimoniali dall’altro, non deve essere rinvenuto nel fatto che gli stessi siano o meno locati a terzi quanto piuttosto nella loro destinazione ossia se destinati ad una mera gestione del patrimonio sociale oppure compresi tra i beni-merce, cioè volti all’attività di produzione o di scambio, oggetto dell’attività d’impresa. Sulla base di tale presupposto, la Suprema Corte, conformemente a quanto rilevato dalla C.T.R., statuisce che dal momento che la società opera nel campo immobiliare ed ha come oggetto sociale l’acquisto, la vendita e la gestione sotto ogni profilo di immobili, è evidente come l’attività di locazione a terzi degli stessi rientri pienamente nell’oggetto dell’attività di impresa. Pertanto, si deve concludere per l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 90 T.U.I.R. e per la legittimità della deducibilità delle quote di ammortamento relative ai predetti immobili.

Prassi – Risposta ad Interpello del 27 novembre 2020 n. 564. Demolizione di edificio esistente e costruzione di un nuovo edificio residenziale con aumento della volumetria – Quesiti imposte dirette e IVA.

Con la risposta ad interpello n. 564 del 27 novembre 2020, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in tema di imposte dirette e IVA con riferimento alla totale demolizione di edificio esistente e costruzione di un nuovo edificio residenziale con aumento della volumetria. In particolare, l’Agenzia ha precisato che ai fini IVA, le prestazioni di servizi dipendenti dai contratti di appalto relativi alla demolizione e fedele ricostruzione di un fabbricato “Tupini” oppure di una “prima casa” non sono soggetti all’aliquota IVA del 4% prevista dal n. 39) della Tabella A, Parte II, allegata al D.P.R. n. 633/1972 in quanto la demolizione con fedele ricostruzione non configura una “nuova costruzione” ai fini dell’applicazione della norma testè citata, bensì un intervento di recupero di edifici preesistenti ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia, in sigla T.U.E.), così come modificato dall’art. 10 del D.L. n. 76/2020. Pertanto, tali tipologie di interventi sono soggette all’applicazione dell’aliquota IVA del 10% ai sensi del n. 127-quaterdecies della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972.

Legge – Circolare interministeriale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero per la Funzione Pubblica del 2 dicembre 2020 – Nuova definizione di ristrutturazione edilizia.

Come già descritto nella nostra precedente newsletter, l’art. 10 del Decreto Semplificazioni, rubricato “Semplificazioni e altre misure in materia edilizia”, ha modificato l’art. 3, comma 1, lettera d), del T.U.E., introducendo una nuova e più ampia definizione di “ristrutturazione edilizia” in luogo di quella precedente.

A fornire chiarimenti interpretativi sulle modifiche apportate dal citato Decreto è intervenuta la circolare del 2 dicembre 2020 firmata congiuntamente dalla ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, e dalla ministra per la Funzione Pubblica, Fabiana Dadone.

Nello specifico, la circolare spiega che la più articolata previsione del novellato art. 3 del T.U.E. ricomprende nella fattispecie di “ristrutturazione edilizia” gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, ove ne risulti modificata la sagoma, il prospetto, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, nonché, accanto alle innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, anche quelle per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.

Viene, inoltre, sottolineato che i citati interventi possono comportare, ove espressamente previsto dalla legge o dagli strumenti urbanistici comunali, “incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”. In suddette ipotesi, pertanto, non sarà più necessario richiedere il permesso di costruire. La circolare ribadisce che è, invece, richiesto, pena l’“assoggettamento al regime autorizzatorio delle nuove costruzioni” ai sensi della lettera e) del citato art. 3 del T.U.E., che vengano mantenuti – oltre alla sagoma originaria, anche – prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche e che non vengano effettuati incrementi di volumetria sia per gli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 sia per i fabbricati situati nelle zone omogenee A (o zone assimilabili in base ai piani urbanistici comunali) o nei centri e nuclei storici consolidati oppure in ambiti di particolare pregio storico e architettonico, fatte salve le previsioni legislative e quelle degli strumenti urbanistici.

Nel documento interministeriale viene, altresì, commentata la deroga alle norme sulle distanze per gli interventi di ricostruzione o demolizione di cui all’art. 2-bis del T.U.E., concessa purché gli edifici originari siano stati legittimamente realizzati prima dell’adozione della disciplina sulle distanze. Anche in questo caso, la deroga varrà per gli immobili dei centri storici solo se prevista nei piani di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale ovvero dalla legge regionale o dai piani urbanistici regionali.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, sentenza 4 dicembre 2020 n. 27807. Decorrenza retroattiva, ai fini ICI, delle rendite catastali rideterminate.

La Cassazione si è pronunciata positivamente in merito alla portata retroattiva, ai fini ICI, della rideterminazione delle rendite catastali operate a seguito di una richiesta del Comune di aggiornamento presentata ai sensi dell’art.1, comma 336, della L. n. 662 del 1992.

Nel caso di specie, a seguito della richiesta da parte del Comune di Roma, la società ricorrente aveva provveduto ad aggiornare nel 2011, tramite procedura “DOCFA”, i dati catastali riferiti ad un fabbricato di sua proprietà, variando sia il classamento sia la rendita catastale del medesimo in quanto risultavano non più allineati alla situazione di fatto dell’immobile sin dal 1997.

Successivamente, l’Amministrazione finanziaria aveva rideterminato in un maggior importo la rendita catastale e aveva, conseguentemente, richiesto il pagamento della maggiore ICI per l’anno 2008.

La questione che si poneva era, quindi, stabilire se tale variazione della rendita catastale dovesse considerarsi operante, ai fini del calcolo dell’ICI, soltanto dall’anno successivo alla data di decorrenza dell’aggiornamento catastale (ossia 1° gennaio 2012 nel caso oggetto di controversia) ovvero dall’anno successivo alla data di rilevamento del disallineamento tra il classamento catastale e la situazione di fatto (ossia 1 gennaio 1998 nel caso di specie).

A tal proposito, la Corte ha affermato che, con riferimento alle rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del Comune di cui al citato art. 1, comma 336, della L. n. 662 del 1992, gli effetti fiscali retroagiscono a decorrere dal “1 gennaio dell’anno successivo alla data a cui, nella richiesta inviata al proprietario dell’immobile, il comune riferisce la mancata presentazione della denuncia catastale” oppure a decorrere dal “1 gennaio dell’anno di notifica della predetta richiesta che non contenga alcuna indicazione sulla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale”.

Rimane, tuttavia, fermo il limite della decadenza quinquennale di cui all’art. 1, comma 161, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 per la rettifica o l’accertamento d’ufficio della determinazione dell’ICI da parte degli enti locali.

Prassi – Risposta ad Interpello del 18 dicembre 2020 n. 608. Separazione delle attività nel settore immobiliare – Articolo 36, co. 3 del D.P.R. n. 633/1972.

Con la risposta n. 608 del 18 dicembre 2020 l’Agenzia delle Entrate, in linea con la consulenza giuridica n. 901-4/2019 della DRE Piemonte, fornisce chiarimenti in merito ai limiti della separazione facoltativa delle attività ai fini IVA nell’ambito del settore immobiliare, ribadendo che la formulazione letterale dell’art. 36, co. 3 del D.P.R. n. 633/1972 presuppone un criterio di separazione basato non solo sul regime IVA (esenzione o imponibilità) applicato all’operazione, ma anche sulla categoria catastale del fabbricato (abitativo ovvero diverso dall’abitativo). Pertanto, risulta possibile separare le seguenti quattro attività: (1) cessione di fabbricati abitativi esenti da IVA; (2) cessione di altri fabbricati; (3) locazione di fabbricati abitativi esenti da IVA e (4) locazione di altri fabbricati. La risposta in commento precisa altresì che le attività di “cessione di altri fabbricati” e di “locazione di altri fabbricati” saranno costituite non solo da operazioni imponibili ma anche da operazioni esenti (es. rispettivamente cessioni e locazioni di fabbricati strumentali esenti da IVA).

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, sentenza 6 ottobre 2020 n. 21395. Onero probatorio rafforzato per la detrazione dell’IVA riferita all’acquisto di fabbricati abitativi.

Ai sensi dell’articolo 19-bis1, lettera i), D.P.R. 633/1972 non è detraibile l’IVA riferita all’acquisto, locazione, manutenzione o gestione di fabbricati abitativi, salvo che per le imprese che hanno come oggetto esclusivo o principale dell’attività la costruzione di tali fabbricati. Con la sentenza in esame, la Cassazione, ha stabilito che l’impresa che non svolge attività di costruzione deve soddisfare un onere probatorio rafforzato al fine di detrarre l’IVA riferita all’acquisto di fabbricati abitativi. In particolare, l’impresa deve provare sulla base di elementi oggettivi (i) che l’operazione è inerente all’esercizio effettivo dell’attività di impresa ed è destinata, almeno in prospettiva, a procurarle un lucro ed inoltre (ii) che il fabbricato acquistato è in concreto strumentale all’attività imprenditoriale, anche tendendo conto di una valutazione prospettica. Nel caso di specie è stato accertato che il fabbricato abitativo acquistato non avesse le caratteristiche per l’utilizzo a “casa vacanza” e non fosse mai stato utilizzato a tal fine.

Giurisprudenza – CTR Lombardia, sentenza 1° ottobre 2020 n. 2134. Riduzione del canone per opere eseguite dal conduttore: il proprietario che trae vantaggio dalle opere deve dichiarare l’intero canone.

La sentenza in esame analizza il caso in cui il proprietario e il conduttore abbiano pattuito una riduzione del canone di locazione alla luce delle opere che il conduttore deve eseguire, a proprie spese, per adattare i locali alle proprie esigenze. Al riguardo, la CTR ha stabilito che occorre verificare se dette opere assolvano esclusivamente agli interessi del conduttore oppure si traducano comunque in un vantaggio (sia pure successivo alla riconsegna dell’immobile) in favore del locatore. Se il proprietario ne deriva un vantaggio sarà tenuto a dichiarare il canone nella sua interezza (conforme Cassazione n. 15808/2006).

Per maggiori informazioni si prega di rivolgersi al vostro contatto in LED Taxand, a jpbaroni@led-taxand.it, fcardone@led-taxand.it, madossantos@led-taxand.it oppure icorda@led-taxand.it.

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