LED Taxand riassume qui di seguito le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al terzo trimestre dell’anno 2020.

Legge – D.L. n. 104/2020 – Art. 77, comma 1. Proroga del credito per le locazioni.

Il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda, previsto dall’art. 28 del D.L. n. 34/2020 per i mesi di marzo, aprile e maggio (aprile, maggio e giugno per le strutture turistico-ricettive stagionali), è stato prorogato di una mensilità dal D.L. n. 104/2020.

Si ricorda che il credito, pari al 60% (ridotto al 30% in caso di affitto d’azienda), spetta soltanto ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori ad € 5 milioni nel periodo d’imposta 2019 (per i soggetti esercenti attività di commercio al dettaglio, invece, è possibile il superamento della soglia dei ricavi ma in tal caso la percentuale del credito d’imposta è ridotta, rispettivamente, al 20% e al 10%). Altra condizione per la fruibilità del credito consiste nella diminuzione del fatturato o dei corrispettivi dei soggetti beneficiari nel mese di riferimento di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.

Si segnala, inoltre, che l’art. 77, lettera a) del decreto inserisce tra i soggetti beneficiari del credito di imposta anche le strutture termali (oltre alle strutture alberghiere e agrituristiche, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator), indipendentemente dal volume di ricavi e compensi dell’anno 2019.

Legge – D.L. n. 104/2020 – Art. 110. Rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni.

L’art. 110 del D.L. n. 104 introduce la possibilità di rivalutare nei bilanci 2020 i valori delle immobilizzazioni materiali e immateriali (incluse quelle non ammortizzabili come i terreni) nonché delle partecipazioni risultanti dal bilancio 2019. La rivalutazione può avere rilevanza esclusivamente civilistica oppure anche fiscale mediante il versamento di un’imposta sostitutiva pari al 3% dei maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati. I maggiori valori fiscali sono riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal 2021 e ai fini della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze a partire dal 2024. Inoltre, il decreto in esame introduce la possibilità di riallineare i valori civili e fiscali dei beni. Per maggiori dettagli si rimanda al nostro Corporate Tax Insider no. 1/2020.

Legge – D.L. n. 76/2020 – Art. 10, comma 1, lett. b). La nuova definizione di interventi di ristrutturazione edilizia.

L’art. 10, comma 1, lett. b), n. 2 del D.L. n. 76 rubricato “semplificazioni e altre misure in materia di edilizia” è intervenuto sulla definizione di “interventi edilizi”, disciplinati ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia – TUE), andando in particolare ad ampliare la nozione di ristrutturazione edilizia ricomprendendo in tal modo:

–        gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. Si precisa altresì che l’intervento può prevedere, nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana;

–        gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D. Lgs. n. 42/2004, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di ristrutturazione devono mantenere la sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche plani volumetriche e tipologiche dell’edificio preesistete, nonché la volumetria.

Tale modifica si riflette anche sul regime IVA applicabile alla sopradescritta categoria di interventi, in particolare con riferimento all’aliquota IVA applicabile sia in caso di cessione dei fabbricati oggetto di ristrutturazione edilizia sia con riferimento all’appalto per la costruzione/ristrutturazione degli stessi.

Infatti, le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati, poste in essere dagli stessi soggetti che hanno eseguito gli interventi di ristrutturazione edilizia, sono soggette ad aliquota IVA agevolata del 10% ai sensi della Tabella A, Parte III, n. 127 quinquiesdecies) del D.P.R. n. 633/1972.

Pertanto, la cessione di fabbricati oggetto degli interventi così identificati alla luce della modifica apportata dall’art. 10 del D.L. n. 76/2020 sconteranno l’aliquota IVA agevolata del 10%.

Inoltre, con riferimento al regime IVA applicabile in caso di appalto per la realizzazione dei fabbricati, ai sensi della Tabella A, Parte III, n. 127 quaterdecies) del D.P.R. n. 633/1972 è previsto che l’aliquota IVA del 10% si applica alle “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi … alla realizzazione degli interventi di recupero di cui all’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 45”, ora trasfuso nell’art. 3 del Testo Unico dell’Edilizia.

In altre parole, le prestazioni di servizi derivanti dal contratto di appalto per la realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia come sopra illustrati, godranno anch’essi dell’aliquota IVA agevolata del 10%.

Legge – D.L. n. 76/2020 – Art. 8. Esclusione dagli appalti in caso di irregolarità non definitive.

La disposizione precedentemente contenuta nel D.L. 32/2019 e poi abrogata in sede di conversione in legge che prevedeva l’esclusione dalle procedure di appalto pubblico in caso di irregolarità non definitive nel pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali, è stata reintrodotta con il D.L. n. 76/2020.

Tale decreto è intervenuto nuovamente a modificare l’art. 80 del Codice degli appalti, introducendo la facoltà per la stazione appaltante di escludere dalle procedure d’appalto le imprese i) qualora la stazione appaltante sia a conoscenza e possa adeguatamente dimostrare che sussistano irregolarità tributarie e contributive in capo all’operatore economico non definitivamente accertate e ii) qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione.

Sul punto, a differenza del D.L. 32/2019, in cui non era nemmeno prevista una soglia di gravità, la norma attuale precisa che la violazione è considerata “grave” se supera la soglia di € 5.000 di cui all’art. 48-bis, D.P.R. n. 602/1973.

Alla luce della nuova disposizione, la possibilità che un provvedimento impositivo, anche se infondato o errato nonché non definitivo, comporti l’esclusione di un operatore economico è un grande rischio di paralisi del settore degli appalti pubblici.

Prassi – Circolare n. 23/E del 29 luglio 2020. Trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di fabbricati c.d. “da demolire” (Articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR).

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 23/E del 29 luglio 2020, è intervenuta a chiarimento del regime definito dall’art. 67, co. 1, lett. b) del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) con riferimento all’imponibilità delle plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In particolare, il chiarimento in oggetto si è reso necessario a seguito dell’interpretazione fornita dapprima dall’Amministrazione finanziaria con la Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008 e per consolidata posizione assunta dalla stessa a seguito di interpelli ed avvisi di accertamento, secondo cui, ai fini dell’imposizione diretta, anche le plusvalenze realizzate mediante cessioni di fabbricati c.d. “da demolire” erano soggette al regime di imponibilità descritto dall’art. 67, co.1, lett. b) del TUIR. Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha fortemente negato tale interpretazione in svariate pronunce, statuendo in particolare che “se su un’area insiste un qualsivoglia fabbricato, la stessa deve dirsi già edificata e non può essere ricondotta alla previsione di area “suscettibile di utilizzazione edificatoria” di cui all’art. 67 del TUIR, atteso che la potenzialità edificatoria si è già consumata”. Pertanto, in ragione del consolidato orientamento condiviso dai Supremi Giudici e dei pareri espressi dall’Avvocatura Generale dello Stato, l’Agenzia ha concluso per ritenere ormai superate le indicazioni fornite in precedenza con la Risoluzione n. 395/E/2008 e, più in generale, non più sostenibili le pretese dalla stessa vantate in contrasto con i principi della Corte di Cassazione.

Prassi – Risposta ad Interpello del 26 agosto 2020 n. 278. Attività di locazione breve di cui all’art. 4 del D.L. n. 50/2017 e regime dei redditi fondiari di cui agli artt. 36 e 37 del TUIR.

Con la risposta ad interpello n. 278 del 26 agosto 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito al corretto trattamento tributario cui soggettare i redditi percepiti da un soggetto persona fisica, in qualità di locatore di alcuni immobili di civile abitazione siti in diverse Regioni d’Italia, mediante l’ausilio di portali telematici specializzati. In particolare, l’Agenzia ha ritenuto che l’attività di locazione breve, anche se esercitata su diverse unità immobiliari per la quale ci si avvale dell’intermediazione di terzi gestori di siti internet specializzati, in aggiunta a meri servizi di utenza, fornitura di biancheria e pulizia finale, costituisca reddito fondiario ex artt. 36 e 37 del TUIR e rientri nel regime delle locazioni brevi ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 50/2017 in quanto posta in essere in assenza dell’organizzazione dell’attività in forma d’impresa ex art. 2082 c.c.

Tale interpretazione si pone in soluzione di continuità con quella fornita in precedenza dall’Amministrazione stessa con la risposta ad interpello n. 373/2019 mediante la quale era stato specificato che, in assenza dell’emanazione del regolamento ex art. 4, co. 3 bis del D.L. n. 50/2017, al fine di individuare i criteri idonei a determinare lo svolgimento di un’attività di locazione di immobile nell’esercizio o meno di un’attività d’impresa, occorre fare riferimento ai principi delineati dall’art. 2082 c.c. e dall’art. 55 del TUIR, e pertanto alla tipologia di servizi forniti in aggiunta all’attività di locazione svolta, a nulla rilevando il numero delle unità immobiliari locate.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, sentenza 13 agosto 2020 n. 17011. Imponibile l’indennizzo ricevuto sulla base di una clausola di garanzia.

La Cassazione si è pronunciata in merito al trattamento fiscale delle clausole di garanzia relative alle cessioni di partecipazioni. Nel caso di specie, la società target aveva sostenuto degli oneri per contestazioni fiscali relative ad anni precedenti alla cessione delle partecipazioni (i.e. imposte e sanzioni a seguito dell’adesione ad un processo verbale di constatazione) e, sulla base di una clausola di garanzia, il compratore aveva ricevuto un indennizzo dal venditore. La Suprema Corte ha stabilito che l’indennizzo ricevuto è imponibile in capo all’acquirente, indipendentemente dalla circostanza che l’onere sostenuto dalla società target non sia deducibile. A seguito di tale pronuncia, in caso di cessione di partecipazioni, è consigliabile valutare l’inserimento di clausole che consentano al compratore di ricevere, oltre all’indennizzo, anche un ammontare pari alle imposte dovute sull’indennizzo stesso (c.d. gross-up clause).

Giurisprudenza – Corte Costituzionale, sentenza 21 luglio 2020 n. 158/2020. Giudizio di legittimità costituzionale in merito all’art. 20 del DPR 131/1986.

Con la sentenza n. 158 del 21 luglio 2020, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 23549 del 23 settembre 2019 in relazione all’art. 20 del DPR 131/86 (come modificato dall’art. 1, c. 87, lett. a), della legge n. 205/2017, e dall’art. 1, c. 1084, della legge n. 145/2018), nella parte in cui dispone che, nell’applicare l’imposta di registro “secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, si debbano prendere in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso, prescindendo da quelli extra-testuali e degli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

Secondo la tesi dell’Organo rimettente, la norma censurata si porrebbe in contraddizione con il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, in quanto un’analisi sostanzialistica dell’atto presentato alla registrazione comporterebbe la necessaria considerazione anche di elementi esterni all’atto e, in particolare, anche di elementi desumibili da atti eventualmente collegati con quello presentato alla registrazione.

La Corte, risolvendo un lungo conflitto giurisprudenziale circa la corretta interpretazione da dare alla norma citata, ha invece affermato che la versione vigente del citato art. 20 non viola la Costituzione, in quanto esclude la possibilità di riqualificare, ai fini dell’imposta di registro, gli atti presentati per la registrazione sulla base di elementi extratestuali o atti correlati.

Si veda in merito il nostro precedente Disputes Tax Insider n. 1/2020 del 5 agosto 2020.

Per maggiori informazioni si prega di rivolgersi al vostro contatto in LED Taxand, a jpbaroni@led-taxand.it, fcardone@led-taxand.it, madossantos@led-taxand.it oppure icorda@led-taxand.it.

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