LED Taxand riassume le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al terzo trimestre dell’anno 2019.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, sentenza n. 12138/2019. Il requisito della commercialità per le società immobiliari ai fini della participation exemption.

La Cassazione restringe l’applicazione della pex con riferimento alle cessioni di società immobiliari che esternalizzano la gestione dei centri commerciali. La Corte ha stabilito che, in tali casi, per potersi verificare il requisito della commercialità ai fini pex, la società deve svolgere un’effettiva attività di coordinamento dei servizi affidati all’esterno e deve, quindi, sussistere all’interno della società una struttura organizzativa e operativa propria, funzionale al coordinamento dei servizi affidati all’esterno. Inoltre, con riguardo al conferimento di un’azienda e alla successiva cessione delle partecipazioni, la Corte ha stabilito che il requisito della commercialità ai fini della pex deve essere valutato tenendo in considerazione l’attività esercitata nei tre anni precedenti alla cessione dalla conferitaria e, se questa ha operato per un tempo minore, occorre considerare anche l’attività svolta dalla conferente.

Giurisprudenza – Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 4 settembre 2019, causa C-71/18, Skatteministeriet. Ai fini IVA la cessione di un fabbricato da demolire non è cessione di area edificabile.

La Corte di Giustizia, con la sentenza in oggetto, ha stabilito che la cessione di un fabbricato pienamente operativo al momento del trasferimento non costituisce cessione di area edificabile soggetta ad IVA, anche se l’intenzione delle parti era quella di demolire il fabbricato successivamente al trasferimento. Al contrario, nel caso in cui la demolizione del fabbricato sia già iniziata prima della cessione, il trasferimento si qualifica come cessione di area edificabile soggetta ad IVA (sentenza 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed C-461/08).

Prassi – Risposta ad interpello 17 luglio 2019 n. 260. Applicabilità dell’aliquota IVA del 10% al contratto di appalto stipulato per la costruzione di un fabbricato “Tupini”.

Chiariti i dubbi in relazione all’aliquota IVA da applicare sui lavori di costruzione di un intero fabbricato “Tupini”, costituito da unità immobiliari con diversa destinazione (i.e. abitazioni, abitazioni “prima casa” e immobili strumentali). L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il contratto d’appalto relativo alla costruzione di un intero fabbricato “Tupini” (i.e. fabbricato la cui superficie totale dei piani sopra terra è destinata per almeno il 51% ad abitazioni e per non più del 25% a immobili strumentali) è soggetto all’aliquota IVA del 10%, ancorché nel contratto di appalto siano indicati corrispettivi distinti per ogni unità immobiliare con diversa destinazione.

Prassi – Risoluzione 12 agosto 2019 n. 76. Chiarimenti in merito alla esenzione da ritenuta sugli interessi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese.

Importanti chiarimenti in merito alla esenzione da ritenuta sugli interessi corrisposti da imprese italiane a banche e assicurazioni stabilite nell’UE nonché a investitori istituzionali non residenti. Ai sensi dell’articolo 26, comma 5-bis, del DPR 600/1973, non si applica la ritenuta del 26% sugli interessi se sono soddisfatte le seguenti condizioni: (i) l’erogatore del finanziamento è una banca UE o un’impresa di assicurazioni UE oppure un investitore istituzionale estero soggetto a vigilanza e costituito in uno Stato white-list; (ii) l’erogatore del finanziamento rispetta le norme regolamentari che riservano l’attività creditizia esclusivamente a enti autorizzati; (iii) il soggetto che riceve il finanziamento svolge attività di impresa e (iv) la durata del finanziamento è superiore a 18 mesi. La risoluzione in oggetto ha fornito i seguenti importanti chiarimenti. Con riferimento al requisito (i), un fondo estero si qualifica come investitore istituzionale estero se il fondo o il suo gestore sono soggetti a vigilanza; inoltre tale qualifica deve essere valutata con riferimento all’erogatore del finanziamento, senza adottare un approccio look-through. Con riferimento al requisito (ii), per i finanziamenti infragruppo non è necessario che l’erogatore del finanziamento rispetti le norme regolamentari che riservano l’attività creditizia esclusivamente a enti autorizzati. Con riferimento al requisito (iii), anche una società holding svolge attività d’impresa. Con riferimento al requisito (iv), la durata superiore a 18 mesi non è soddisfatta nel caso in cui tale durata fosse inizialmente inferiore a 18 mesi, anche se sia stata superata di fatto per effetto di una proroga del finanziamento o nel caso in cui l’erogatore del finanziamento abbia la facoltà di recedere unilateralmente prima dei 18 mesi.

Prassi – Risposta a interpello 23 agosto 2019 n. 340. Applicabile la cedolare secca anche se la parte variabile del canone dipende dal fatturato del conduttore.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il canone variabile non rappresenta un ostacolo all’applicazione della cedolare secca. Ai sensi dell’articolo 3 del D.lgs. 23/2011, il proprietario di immobili abitativi (categorie da A1 a A11 esclusa A10) o negozi (categoria C1) può optare per il regime della cedolare secca, che consente di assoggettare il canone di locazione annuo ad un’imposta sostitutiva (dell’IRPEF, delle relative addizionali, dell’imposta di registro e di bollo) pari al 21% del canone stesso. Il comma 11 dell’articolo citato prevede che nel caso di opzione per la cedolare secca è sospesa la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT. L’Agenzia delle Entrate, con la risposta in oggetto, ha chiarito che la previsione del contratto di locazione che fa dipendere la quota variabile del canone dal fatturato del conduttore non rientra nel campo di applicazione del citato comma 11, pertanto non è di ostacolo all’assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca.

Prassi – Risposta a interpello 26 agosto 2019 n. 345. Non si applica la ritenuta sui proventi corrisposti da un fondo immobiliare italiano ad un REIT di Singapore.

Se un Real Estate Investment Trust (REIT) estero ha le caratteristiche di un OICR italiano, non si applica la ritenuta del 26% sui proventi corrisposti al REIT da un fondo immobiliare italiano. Ai sensi dell’articolo 7, comma 3, del DL 351/2001, non si applica la ritenuta sui proventi corrisposti da un fondo immobiliare italiano ad un OICR estero istituito in uno Stato white-list. La risposta in oggetto ha chiarito che un REIT di Singapore è qualificabile come OICR estero istituito in uno Stato white-list perché: (i) il patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori; (ii) il patrimonio è gestito nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi; (iii) la politica di investimento è predeterminata; (iv) il gestore del REIT è istituito e residente in Singapore, Stato incluso nella white-list, ed è soggetto alla vigilanza della competente autorità di Singapore.

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