LED Taxand riassume qui di seguito le principali novità in materia di fiscalità immobiliare relative al secondo trimestre dell’anno 2021.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, sentenza n. 10656/2021 – IVA da recuperare non solo in capo all’acquirente ma anche in capo al cedente se la “prima casa” risulta di lusso ed è stata applicata IVA al 4%.

In materia di IVA, nel caso in cui la cessione di un’abitazione venga assoggettata all’aliquota ridotta del 4% ai sensi del n. 21, Parte II, della Tabella A, allegata al D.P.R. n. 633/1972 in luogo di quella ordinaria, usufruendo indebitamente dell’agevolazione per la prima casa, la revoca da parte dell’Amministrazione finanziaria spiega effetti impositivi e sanzionatori anche nei confronti del cedente. In merito, con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto secondo cui ciò è possibile laddove la decadenza dal beneficio sia dovuta a circostanze non imputabili in via esclusiva ad un determinato comportamento dell’acquirente, come una dichiarazione mendace sulla sussistenza dei presupposti per fruire del trattamento agevolato, ma ad elementi oggettivi del contratto stipulato tra le parti, di cui esse sono necessariamente entrambe a conoscenza. In tali ipotesi, pertanto, l’Ufficio può emettere l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta, irrogando le relative sanzioni, sia nei confronti del cedente, quale soggetto passivo (e salva la rivalsa successiva in caso di pagamento), sia nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, ordinanza n. 15932/2021 – Non deducibile il risarcimento danni a seguito di transazione.

Con l’ordinanza in epigrafe, la Suprema Corte si è pronunciata con riferimento al regime di deducibilità dei costi relativi al risarcimento dei danni da ritardo nella consegna di un immobile oggetto di preliminare di vendita, scaturenti da atto di transazione, statuendo che non costituiscono una spesa “inerente al relativo ricavo” e dunque non sono deducibili dal reddito d’impresa. In particolare, partendo dall’assunto che in base all’art. 109 del TUIR le spese e gli altri componenti negativi, di norma, sono deducibili se e nella misura in cui ineriscono ad attività o beni da cui derivano ricavi od altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa, si deve escludere la deducibilità dei costi conseguenti alla “mora debendi” del contribuente nei confronti di terzi, in quanto costituisce un costo da cui deriva un ricavo. Invero, il costo relativo al risarcimento dei danni, scaturito dall’atto di transazione, trova la sua fonte in un fatto, ad avviso della Suprema Corte, antigiuridico, nel caso di specie l’inadempimento contrattuale, per sua natura al di là della sfera aziendale, con la conseguenza che la mora debendi, non concretando un costo inerente alla produzione di ricavi, è indeducibile dal reddito d’impresa.

Giurisprudenza – Corte di Cassazione, sentenza n. 10439/2021 – Indetraibilità dell’IVA erroneamente addebitata in fattura in misura superiore a quella dovuta.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 10439 del 21 aprile 2021, si è pronunciata sulla detraibilità da parte del cessionario dell’IVA applicata dal cedente in misura superiore a quella dovuta. Nel caso in esame il cessionario aveva detratto l’IVA erroneamente applicata dal cedente nella misura del 20% mentre l’aliquota applicabile era il 4%. Al riguardo, l’art. 6, comma 6 del DPR 471/1997 stabilisce che: “in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione (…) l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro”. La sentenza in commento, fortemente criticata dalla dottrina, ha interpretato la predetta disposizione stabilendo che l’espressione “fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione” riconosce il diritto alla detrazione dell’IVA effettivamente dovuta (nel caso di specie pari al 4%) e non dell’IVA erroneamente applicata in eccesso (nel caso di specie pari al 20%). Sulla base del principio espresso dalla sentenza, il cessionario, per non rimanerne inciso, potrebbe chiedere la restituzione dell’imposta, nella parte erroneamente versata, al cedente, il quale, a sua volta, potrebbe recuperarla chiedendola a rimborso all’Erario.

Prassi – Risposta ad interpello n. 220 del 26 marzo 2021 – Regime IVA dei passaggi interni tra SGR partecipante al Gruppo IVA e fondi immobiliari gestiti.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello in commento, ha fornito importanti chiarimenti concernenti la disciplina IVA applicabile ai rapporti interni tra SGR e fondi immobiliari gestiti.

Più precisamente, l’Agenzia, con riferimento ai passaggi interni dall’attività di gestione dei fondi svolta dalla SGR verso i fondi immobiliari istituiti o gestiti dalla stessa, anche qualora abbiano ad oggetto prestazioni di servizi di gestione dei fondi esenti da IVA in base all’art. 10, comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633/1972, ha chiarito quanto segue:

  • tali servizi devono essere valorizzati alla stregua di passaggi interni ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 36,comma 5 del predetto decreto. Pertanto, in conformità con quanto precisato con la Circolare n. 18/E del 2019, la rilevanza ai fini IVA dei predetti passaggi interni deve essere subordinata alla condizione che i beni e/o servizi siano diretti ad un’attività (separata) soggetta a detrazione ridotta o forfetizzata;
  • al fine di verificare la condizione essenziale di cui sopra, affinché il passaggio interno sia rilevante ai sensi dell’art. 36, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972 (vale a dire la percentuale di detrazione imputabile a ciascuna delle attività separate tra le quali avviene il passaggio interno), è necessario che il fondo destinatario del servizio (assimilato ad un’attività separata) soggiaccia a un pro-rata di detrazione inferiore rispetto a quella della SGR sicché, nel caso in cui si tratti di un passaggio interno rilevante in base alla percentuale definitiva di detrazione, la SGR dovrà emettere la relativa fattura. Ai sensi dell’art. 20, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, dette operazioni (e. passaggi interni) non concorreranno a formare il volume d’affari della SGR;
  • non si tiene conto di detti passaggi ai fini della determinazione della percentuale di detrazione della SGR in ossequio a quanto disposto dall’art. 19-bis, comma 2 del D.P.R. n. 633/1972;
  • la SGR, incaricata, tra l’altro, della gestione di fondi comuni d’investimento immobiliare, tenuta a fatturare ed a contabilizzare separatamente le operazioni rilevanti ai fini IVA in relazione a ciascuno di essi, è legittimata ad effettuare un’ulteriore separazione contabile in relazione alle attività svolte da ciascun fondo, distinguendo in particolare le locazioni e cessioni di fabbricati abitativi esenti IVA, da un lato, dalle locazioni e cessioni di altri fabbricati/immobili, dall’altro lato, conformemente a quanto previsto ai sensi dell’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.

Prassi – Risoluzione n. 25/E del 14 aprile 2021 – Regime IVA della cessione di un’unità immobiliare con cucina.

Con la risoluzione in epigrafe, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che, ai fini IVA, la cessione di una cucina rileva come un’operazione distinta dalla cessione dell’unità immobiliare. Più precisamente, a parere dell’Agenzia, le cucine, non sono assimilabili né ai «beni immobili», così come definiti dall’art. 13-ter del Regolamento (CE) n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011, né ai «beni finiti» (sulla cui cessione dal produttore alla società immobiliare si potrebbero applicare le aliquote ridotte previste ai sensi alla Tabella A, Parte II, allegata al D.P.R. n. 633/1972). Inoltre, tale cessione non può configurarsi come operazione accessoria a quella principale di vendita dell’unità abitativa ex art. 12 del D.P.R. n. 633/1972 in quanto la cessione della cucina non costituisce un elemento senza il quale l’operazione principale di vendita dell’unità immobiliare non sarebbe possibile. Pertanto, conclude l’Agenzia, la cessione delle unità abitative costituisce, ai fini IVA, una cessione di beni distinta da quella avente ad oggetto la cucina, la quale deve essere assoggettata ad aliquota IVA nella misura del 22%.

Prassi – Risposta ad interpello n. 370 del 24 maggio 2021 – Conversione di una società per azioni in SICAF immobiliare.

La risposta in esame analizza gli aspetti fiscali relativi alla conversione di una società per azioni operante nel settore immobiliare (proprietaria di immobili concessi in locazione) in SICAF (Società di investimento a capitale fisso) immobiliare eterogestita. In particolare, l’Agenzia ha chiarito che la conversione in esame, pur non rientrando nell’ambito delle trasformazioni regolate dall’articolo 2500-septies del codice civile, comporta una modifica statutaria che, ai fini delle imposte dirette, implica l’assoggettamento ad un regime di esenzione IRES e IRAP in luogo del generale regime di imponibilità del reddito d’impresa a cui sono ordinariamente sottoposte le società di capitali residenti in Italia. Con specifico riferimento all’IRES, applicando in via analogica l’art. 171 del TUIR in tema di trasformazione eterogenea, la società deve determinare il reddito del periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data dell’efficacia giuridica della conversione in SICAF tenendo conto anche del realizzo a valore normale di tutti gli elementi che costituiscono il patrimonio aziendale al momento della conversione. Eventuali minusvalenze non risultano deducibili ai sensi dell’art. 101 del TUIR, in quanto realizzate in dipendenza di eventi che determinano la fuoriuscita dei beni dal regime d’impresa.

Ai fini IRAP, la società dovrà redigere una dichiarazione relativa al medesimo periodo d’imposta, determinando la base imponibile secondo le regole del Decreto IRAP applicabili in base all’attività esercitata prima della conversione. L’Agenzia, tuttavia, non chiarisce se la conversione costituisca un evento realizzativo anche ai fini IRAP.

Con riferimento all’IVA, considerato che la società continuerà ad utilizzare i beni nell’esercizio di un’attività economica rilevante ai fini IVA, la conversione è neutrale e non rientra nel campo di applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 2, comma 3, lettera f, del Decreto IVA.

Ai fini dell’imposta di registro, il verbale di assemblea straordinaria con cui è stato modificato lo statuto della società è soggetto a imposta di registro in misura fissa pari a euro 200. Anche le imposte ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa pari a euro 200, poiché la conversione non comporta trasferimento di immobili o di diritti reali immobiliari.

Prassi – Risposta ad interpello n. 409 del 16 giugno 2021 – Investimenti da parte di fondi esteri in fondi alternativi immobiliari italiani.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello in commento, si è espressa in senso favorevole all’applicazione del regime di non imponibilità previsto dall’art. 7, comma 3, del D.L. n. 351/2001 per i proventi derivanti dalla partecipazione a un fondo di investimento alternativo immobiliare italiano riservato di tipo chiuso partecipato da una catena di fondi e società veicoli residenti in Paesi white list. Nello specifico, il fondo italiano risulta interamente detenuto da un primo veicolo lussemburghese, a sua volta interamente posseduto da un secondo veicolo lussemburghese, il quale è interamente detenuto da un fondo delle Isole Cayman (supervisionato dalla locale autorità di vigilanza) e il cui General Partner è una società delle Isole Cayman che si avvale di un Advisor inglese.

Il citato regime di non imponibilità trova applicazione non soltanto in caso di partecipazione diretta al fondo immobiliare italiano, ma anche qualora i suddetti investitori partecipino in misura totalitaria il veicolo societario che pone in essere l’investimento (come già chiarito con la risoluzione n. 54/E 18 luglio 2013 in cui era stato inoltre precisato che il veicolo così partecipato non deve necessariamente essere residente nello stesso Stato del partecipante, se sono rispettati i requisiti di residenza stabiliti dal medesimo art. 7, comma 3, con riferimento agli investitori ivi indicati).

Inoltre, affinché si possa disapplicare la ritenuta sui proventi del fondo, occorre ottenere la documentazione attestante la residenza white list dei soggetti coinvolti e l’assoggettamento a vigilanza dei fondi.

Per maggiori informazioni si prega di rivolgersi al vostro contatto in LED Taxand, a jpbaroni@led-taxand.it, fcardone@led-taxand.it oppure icorda@led-taxand.it.

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